09 luglio. Lago glaciale Jökulsárlón

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La mattina si presenta grigia e piovosa. In programma abbiamo la visita guidata, in gommone, al lago glaciale Jökulsárlón ed al ghiacciaio Vatnajökull, ci aspettano 2h30 di auto per ritornare al lago, che abbiamo già intravisto ieri. Ci incamminiamo con calma. Per strada, percorrendo sempre la numero 1, branchi di pecore attraversano, o dormono tranquilli a bordo strada. 
La strada costeggia montagne franose, che non hanno nessun tipo protezione contro gli eventuali cedimenti.

Ad un certo punto incrociamo 5/6 cavalli che corrono in mezzo alla strada, felici, liberi, probabilmente fuggiti dal loro recinto: questa è la normalità. Un’auto, forse quella del proprietario degli equini, cerca di allontanarli dalla carreggiata. Davvero simpatico.


Intanto la pioggia si fa sempre più insistente ed inizia a scendere più fitta.
Arriviamo finalmente al ghiacciaio, abbiamo quasi un’ora di anticipo sull’inizio del tour, ma è bene così perché c’è un solo bar e un solo wc con molti turisti in coda.
All’accoglienza ci vengono consegnate delle tute enormi, quasi spaziali, per poter salire sul gommone che ci porterà più vicino al ghiacciaio: sono tute semi-termiche (tengono molto caldo) e galleggianti, in caso di caduta in acqua si sopravvive 15 minuti senza ibernare.
Saliamo sul gommone, siamo una decina di persone, sedute sui bordi, ci reggiamo a delle corde per non cadere in acqua. Il nostro autista guida molto veloce, ed il vento, la pioggia e dei piccoli pezzi di ghiaccio ci sbattono sulla faccia.

Arriviamo fino al cuore del ghiacciaio. Delle timide foche, di tanto in tanto, fanno capolino dall’acqua gelida.

I colori, nonostante il cielo grigio, sono unici: azzurro gelido e blu candido, blu elettrico e bianco puro.


Durante il tour ci viene spiegato che fino a 50 anni fa il ghiacciaio arrivava fino alla strada, poi il surriscaldamento globale lo ha fatto arretrare. Molti pastori, nei secoli, hanno perso la vita provando ad attraversare, con i propri greggi, il ghiacciaio. Tutt’ora il luogo appartiene a privati e non è possibile costruire nuove infrastrutture per i turisti, nonostante il turismo stia aumentando.
L’acqua del lago ha una temperatura costante che va dai -2° a +2° sia in estate che in inverno. Ci viene fatto assaggiare il ghiaccio: ha un sapore leggermente salato in superficie ma, una volta eliminato il sale, il sapore è quello dell’acqua. Riusciamo a vedere anche il distacco di un iceberg: il rumore è simile a quello di una roccia che si stacca da una montagna. Meraviglia.
Dopo il tour, tornati sulla terra ferma, un po’ infreddoliti (saranno si e no 2°), e dopo aver restituito le tute termiche, ci spostiamo verso l’unico posto nelle vicinanze dove poter mangiare: Hali.  Arriviamo al Þórbergur center, un hotel-ristorante con, al suo interno, un’esposizione permanente dedicata allo scrittore islandese Þórbergur Þórðarson, nato e cresciuto in questi luoghi. La struttura è fatta, esternamente, con dei blocchi che ricordano dei libri.


Si pranza, io mangio la zuppa di agnello mentre i ragazzi prendono dei sandwich.


Dopo pranzo si visita il piccolo museo gratuito dedicato alla vita della gente del posto e, in modo particolare, allo scrittore . Veramente interessante.


Usciamo e la pioggia si fa sempre più insistente, ci fermiamo lungo la strada a fare delle foto, senza scendere quasi mai di macchina.


Con la macchina andiamo a fare un giro dentro Djupivogur e notiamo una bizzarra installazione lungo il porto: ci sono delle grandi uova di varie dimensioni, appoggiate su dei piedistalli di cemento armato. Fortunatamente un pannello spiega che si tratta di un’ esposizione di Sigurður Guðmundsson: trattasi di  una riproduzioni di 34 uova appartenenti ai diversi volatili presenti sull’isola. Davvero originale.

Arriviamo poi a casa, è un orario “normale” e, con calma, prepariamo la cena e di nuovo i bagagli. Domani altro trasferimento, questa volta verso il nord dell’isola.

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