08 luglio. Da Selfoss a Djupivogur.

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Oggi prima giornata di grandi spostamenti. Ci aspettano parecchie ore di auto.

Si parte alle 09:30, ci fermiamo solo un attimo al supermercato a comprare qualcosa da mangiare durante la trasferta, così come alcuni viveri per il giorno successivo.

Come prima tappa decidiamo di fermarci a Vík í Mýrdal.

Visitiamo subito la chiesetta del paese. La canonica, bianca bianca dai tetti rossi rossi, è arroccata in cima ad una collina che sovrasta la piccola cittadina, in mezzo a prati verdi con fiori gialli e viola/lilla. Se si volta lo sguardo alla nostra sinistra si vede l’oceano e la spiaggia di sabbia nerissima.

Facciamo due passi intorno alla chiesa. Il vento ci accompagna per tutta la piccola salita che ci porta fino ad un cimitero. Poche tombe, alcune anche risalenti al 1800, notiamo che dentro ci sono delle panchine e, poco dopo, qualcuno si mette a fare picnic…dentro al cimitero… Anche questa è l’Islanda. Tutto intorno al cimitero si estendono a perdita d’occhio campi fioriti di giallo, dove, nel mezzo all’erba alta, si nascondono numerosi uccellini dai canti acuti: probabilmente ci sono i loro nidi. Qualche uccellino si alza in volo per controllare che non si vada troppo vicino!

Ancora qualche foto e spostiamo la macchina verso la spiaggia.

Prima di arrivare sulla battigia troviamo un monumento in memoria di tutti i pescatori morti in quelle acque. Arrivati sul bagno asciuga, la sabbia ha un colore nero intenso, ricorda il carbone. Questa volta non è sassosa ma fine, come le spiagge nostrane. Il vento la fa ancora una volta da padrone e soffia forte. Questo fa alzare la polvere di sabbia e risulta difficile riuscire a tenere gli occhi aperti, certe volte è difficile perfino respirare.

Pranziamo in una tavola calda presente nel piccolissimo paese. Abbiamo già capito che spesso i loro piatti sono a base di zuppe (solitamente di agnello) o hamburger con patatine. I dolci sono spesso a base di cioccolato o skyr e…leggerini..

Dopo pranzo proseguiamo il viaggio e ci imbattiamo in alcune tempeste di sabbia: nuvoloni che si spostano da sinistra verso destra, formando una specie di banco di nebbia. Il vento soffia molto forte.

Lungo la strada ecco che di tanto in tanto spuntano degli ometti fatti di sassi (cairn?): vengono fatti dai viaggiatori per segnare il loro passaggio da quel luogo e per augurarsi buon viaggio. Ovviamente ci fermiamo e ne facciamo uno anche noi!

Ad un certo punto ci imbattiamo in un paesaggio lunare, inaspettato, quasi mistico. Decidiamo di fermarci.

Siamo a Móðuharðindin (Katla Geopark) e il paesaggio è il “regalo” di una possente eruzione vulcanica che nel 1783 distrusse gran parte della popolazione islandese. Il vento è fortissimo e gelido ed il cielo plumbeo, il che rende il paesaggio ancora più strano. Lo spettacolo è unico, pietre laviche ricoperte di muschi e licheni, tutto grigio/nero a perdita d’occhio, il paesaggio è quasi spettrale. Non riusciamo a sostare per molto, a stento riusciamo a camminare lungo il breve sentiero, talmente tanto forte soffia il vento, certe volte è difficile perfino restare in piedi, è anche troppo pungente, quindi, il tempo di fare delle foto e proseguiamo.

Arriviamo a Fjaðrárgljúfur (valle incantata), dopo aver percorso anche qualche chilometro su una strada sterrata (ma molto agibile anche con auto normali). Ecco un bellissimo canyon che si apre sotto i nostri sguardi.

Ancora il vento la fa da padrone, ma non ci ferma davanti allo spettacolo che ancora una volta la natura ci riserva. Un piccolo uccellino non riesce a volare a causa del forte vento, prova a sfidare la corrente ma resta fermo, in volo stazionario: ci viene da ridere ma … povero uccellino! Il cielo è limpido, solo qualche timida nuvoletta ogni tanto oscura il sole, il che rende i colori ancora più intensi. Saliamo fino in cima al canyon per ammirare meglio tutta la natura sottostante: l’azzurro del fiume che scorre alle pendici delle grandi scogliere marroni va a contrasto col verde dei prati.

Il tempo di fare alcune foto ed una passeggiata che proseguiamo il viaggio. Mancano ancora molti chilometri a Djúpivogur.Ci fermiamo a Skaftafell, e, dopo una passeggiata di 1,4 km in mezzo alla natura incontaminata, in mezzo a piccoli cespugli di piante simili a ginestre e arbusti molto bassi dalle foglie aghiformi, che ricordano quasi i pini, arriviamo a Svartifoss: una cascata incantata, incastonata nelle rocce di basalto nere e grigie, modellate dalla natura, dal vento e dalla pioggia. La meraviglia ci coglie nuovamente alla sprovvista. In questo punto il vento soffia meno forte, siamo in una specie di “grotta” naturale, le scogliere ci riparano e così abbiamo il tempo di goderci un po’ di più il panorama, di fare qualche foto.

Torniamo poi alla macchina e proseguiamo.

Ci fermiamo giusto il tempo per fare due foto a Hofskirkja, chiesetta costruita nel mezzo ad un prato, con il tetto ricoperto di muschio. Mancano ancora più di due ore di auto per arrivare alla meta.

Per strada intravediamo il lago del ghiacciaio Jökulsárlón. Ci fermiamo solo un secondo per fare delle foto, perché per l’indomani abbiamo prenotato una visita. Fa un freddo micidiale, saranno si e no 4°. Una timida foca fa capolino dalle gelide acque del lago, a curiosare. I colori sono impressionanti: bianco candido e azzurro gelido, con mille sfumature. Ripartiamo.

Deviamo un pochino la strada per fermarci a Höfn a fare benzina, sono le 22 ed una ragazza è da sola a servire al bar della piccolissima autostazione. Qui si sentono molto sicuri, il livello di criminalità, soprattutto in queste periferie, è molto basso. Non abbiamo ancora mai visto un’auto della polizia in giro.

Mangiamo, in macchina mentre viaggiamo, abbiamo gli stuzzichini che avevamo comprato stamani, delle carotine, delle patatine e degli altri snack.

Alle 23:35 arriviamo finalmente a Djúpivogur: la cittadina è costruita sul piccolo porto che è parte fondamentale di questa comunità, è molto carina, anche se davvero piccola (conta circa 447 abitanti). Le casette sono colorate, ci sono ancora dei bambini a giocare a pallone nel campo sportivo. Il sole è ancora ovviamente alto in cielo, il termometro della macchina segna 10° ma soffia un gelido vento che proviene dalla baia, il che fa sembrare il tutto più freddo. Entriamo in casa (il nostro appartamento si trova a Brekka 2nd floor, East 765 a Djúpivogur). Casa carina ma un po’ sporca. In compenso la vista sulla baia è meravigliosa.

Siamo molto stanchi, la giornata è stata davvero lunga, quindi ci sistemiamo per la notte e andiamo a dormire.

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